VISIONI
di Pietro Corridori
a cura di Sabrina Martellucci
Lettura critica a cura del Prof. Luciano Cavallaro
Inaugurazione sabato 29 agosto ore 19:00
Dal 29 agosto al 13 settembre 2009
Gli spazi del piano terra della galleria “Il Frantoio”ospitano un nucleo di 15 dipinti inediti, del pittore maremmano Pietro Corridori, che hanno come protagonista la sua terra d’origine.
Sulle tele si impressionano immagini di spazi aperti, spiagge, nebbie, frammenti d’architettura industriale, periferie nebbiose, contro le quali spicca il viaggiatore chiuso nel proprio isolamento.
I temporali trasformano il paesaggio in una visone crepuscolare, i poderi dell’Ente Maremma divengono case abitate da fantasmi.
La realtà fenomenica del paesaggio viene letta e intrerpretata, frammenti del quotidiano entrano a far parte della messa in scena del dipinto e acquistano nuovi valori.
La Maremma umanizzata, si alterna ad alcune tele che hanno per protagonista l’uomo, qui il colore si fa più seducente, il pigmento scava il carattere e l’anima del modello, trasportandolo in un mondo fatto di colori, linee, suoni ed immagini. Qui le emozioni prevalgono sulla razionalità e viene lasciato un grande spazio alle sensazioni più nascoste.
Pietro Corridori è un artista colto e consapevole dei percorsi storico-artistici che lo hanno preceduto, per questo motivo ammiriamo in lui il coraggio che mette nel confrontarsi con i grandi artisti del passato, innanzitutto, nell’accettare la sfida del “figurativo”che un’attitudine percettiva millenaria è pronta e capace di sottoporre a un’analisi priva di facili concessioni, in secondo luogo perché richiede la profonda consapevolezza che tutto ciò che esiste si muove, per la maggior parte, nella sfera dell’imponderabile e che per carpirne il senso compiuto, bisogna saper trarre dal caotico mondo delle infinite sollecitazioni visive, gli elementi determinanti, che conducano a questo stesso senso con il minimo di ambiguità.
Una mostra quindi da non perdere, un’esposizione tutta da vivere.
A proposito dell’obsoleto.
Un’ opera d’arte figurativa è in ogni caso un’espressione rigorosamente connotata, ovvero un prodotto che scaturisce da un’esperienza culturalmente determinata e, al contempo, stratificazione razionale inconoscibile, nonché patrimonio archetipico, sia individuale che dell’intera umanità.
Sicuramente il primo aspetto che attrae in una tale opera è, come direbbe Aristotele, il piacere che deriva dal riconoscimento del tema proposto, ma, ancor di più, dal diletto che erompe dalla caduta dell’immaginario in essa nonché dall’estraneamento che consegue dalla consapevolezza dell’esistenza di fenomenicità vissute come insolite (fenomenicità quasi sussurrate a una percezione che come “d’un tratto” si risvegliasse in esse).
Il messaggio connotante è una delle risorse più significative e dense di possibilità che la mente umana ha a sua disposizione per l’elaborazione di informazioni: in primo luogo perché è irripetibile, in secondo luogo perché ha potenzialità infinite.
Lo stesso soggetto può essere rappresentato in modi illimitatamente differenti, e tuttavia, rimanere ogni volta esattamente identificabile nella propria specifica fenomenicità.
La corale nonché secolare sperimentazione operata dagli artisti in ogni tempo e in ogni luogo ha messo in evidenza una tale congerie di potenzialità espressive che allo stato attuale, sembrerebbe quasi impossibile poter aggiungere al patrimonio tecnico e formale elaborato in tanti anni di storia, qualcosa di nuovo, ma, ovviamente, non è così, in quanto, anche a prescindere dall’introduzione di nuovi materiali espressivi o di nuove tecniche rappresentative ( e Dio sa quante ne discendano dalle avanguardie del Novecento) ogni cimento poetico è una interpretazione e come tale mai obsoleto.
Pietro Corridori è un artista colto e consapevole dei percorsi storico-artistici che lo hanno preceduto, per questo motivo ammiriamo in lui il coraggio che mette nel confrontarsi con i grandi artisti del passato, innanzitutto, nell’accettare la sfida del “figurativo”che un’attitudine percettiva millenaria è pronta e capace di sottoporre a un’analisi priva di facili concessioni, in secondo luogo perché richiede la profonda consapevolezza che tutto ciò che esiste si muove, per la maggior parte, nella sfera dell’imponderabile e che per carpirne il senso compiuto, bisogna saper trarre dal caotico mondo delle infinite sollecitazioni visive, gli elementi determinanti, che conducano a questo stesso senso con il minimo di ambiguità. (Prof. Luciano Cavallaro)